Non so se ho litigato più con P o col cervello o se è stato perché lui comunica male col suo.
Ad ogni modo, come ogni sciroccata che si rispetti – quelle che ti stracciano le palle con seghe mentali infinite – ho pensato che dopo essere schizzata a caso su una conversazione wapp del tutto insospettabile (le generazioni future cresceranno con il mito del mistero mai svelato: perché Tazza, numerosi secoli fa, s’incazzò epicamente a morte mentre con P parlavano di nulla?), ci potesse stare a pennello scrivere un messaggio-tema assolutamente incomprensibile, con tutte le menate a caso possibili e immaginabili che mi sono venute in mente durante un’ora di battitura selvaggia.
Srotolato, era alto come me.
Ovviamente il contenuto – per lo più esempi sparsi – era tenuto insieme da un collante di ragionamenti complicatissimi, tipo quelli che collegano le materie nella tesina di maturità.
Facciamo delle medie.
Poi, lui odia scrivere, quindi: io scasso l’anima per iscritto, lui legge cercando disperatamente di capire quale sia il problema e appena riesce mi chiama, spesso dalla macchina e quando è in auto usa il viva voce dell’auto.
Non
si
capisce
mai
un
cazzo.
Cinquanta minuti di telefonata fedelmente riassumibili con:
– lui che obietta alle mie affermazioni
– io che le ribadisco, recitando a memoria per intero il tema di prima
(tutto questo due volte)
– lui che mi spiega come dietro a suoi gesti apparentemente banali si celi in realtà un imperscrutabile tentativo di compiacermi, secondo quello che ha capito fino a oggi di me (zero, evidentemente)
– io che inizio a ridere per la sua ingenuità effettivamente originale
– lui che si tranquillizza e dice di aver capito
– io che chiedo cosa ha capito
– lui che improvvisa
– io rido e rompo ancora un po’ ma meno
– ciao
– ciao.
Segue un breve scambio di messaggi che tipicamente sancisce il ripristino dello status quo, io gli chiedo di passare a salutarmi dopo allenamento anche se so che ha davvero poco tempo.
Ovviamente vivo in un centro storico dove l’ultimo parcheggio libero risale al ’91.
Lui arriva sempre e comunque, parliamo di sciocchezze, mi fa vedere l’orecchio che ad allenamento gli si è un po’ staccato di nuovo, parliamo di altre sciocchezze, io lo bacio, lui si perde a guardare i cani che passano poi guarda me e poi guarda i cani, mi bacia e son passati venti minuti ed è ora che vada.
” Ti prego, non farmi del male, ho moglie e figli! Fa a del male a loro!”
“I Griffin?”
“Homer Simpson”
“Pf, lo sapevo che stavo sbagliando, ciao”.
Sulle via del ritorno da dove aveva fermato l’auto a casa mia (cinquanta metri scarsi), tre conoscerti sbucano mistici dalla nebbia, si fermano a fare due chiacchere, mi offrono una canna
faccio
tre
tiri
e son quasi due ore
che pistollo al cellulare
seduta sul divano
con ancora giacca e borsa ancora addosso
troppo stonata
per andare a dormire.