Ieri sera, mentre stavo al Beer Shop di Z con P, dalla playlist è partito un pezzo dei Violent Femmes, che non era questo, ma me lo ha fatto venire in mente
won’t you stay with me, just a little longer
Sono uscir a con P perché GMO Aveva scritto una cosa en Ci teen wolf che la legged se
(Lol, avevo lasciato la tastiera in inglese e mi divertiva stare a vedere cosa veniva fuori)
Dicevo, sono uscita con P perché avevo scritto una cosa e ci tenevo la leggesse.
Tutto nasceva da una frase che mi aveva scritto due aprile (e o i?) fa B, a proposito del fatto che facessi sentire le persone sbagliate.
Faticavo ad afferrare cosa intendesse, o meglio: comprendevo il concetto, ma mi era oscuro come io riuscissi ad operare questa magia cattiva, specie su personaggi dotati inconfutabilmente di grande autostima ed ego smisurato.
Ho sempre pensato di saperci fare con le parole.
Non come autrice di post stucchevoli o pipponi a cui arrivavano in fondo solo segaioli mentali di calibro olimpionico – e la mia amica JU, lei adora i miei pipponi – bensì come emittente, quando è importante che il messaggio giunga forte e chiaro al ricevente.
Le mie epistole paranoidali sono sempre state precise nello spiegare, motivare e, quando ritenevo che il ragionamento fosse troppo ostico per una persona normale, esemplificare.
Ottenuto che il contenuto della mia testa si trovasse chiaramente espresso su una qualsivoglia superficie, per me il lavoro era finito.
Qualche sera fa P mi ha detto che non sentiva più come nei passati mesi. Era contento di vedermi, di trascorrere la serata insieme ma non avvertiva più quel trasporto che lo aveva spinto a voler stare con me.
Non che la cosa mi fosse sfuggita: dalla scelta delle emoticon nei messaggi alla frequenza con cui si faceva sentire a cosa sceglieva di raccontarmi piuttosto che no, era evidente; ma mentre io – che non mi sentivo molto diversamente – lo trovavo fisiologico e superabile dopo sette mesi per metà litigati, per lui si trattava di un punto d’arrivo. C’est la vie.
Infatti gli avevo appena detto che si poteva pure lasciar lì tutto, perché ero triste sentendomi la sola a cui importasse, non per altro. Mi sarebbe piaciuto andare avanti, davvero.
It always seem like you’re leaving when I need you here just a little longer
Ho sempre pensato che – purché la base fosse presente – i rapporti migliori siano quelli costruiti insieme, di qualunque dimensione sia la fatica necessaria, cali emotivi compresi.
Quando P ha palesato a parole il suo pensiero, è come se qualcosa avesse fatto CRAC! nella gabbia toracica. Non all’altezza del cuore, più facile fosse un alveolo che doveva lasciar spazio al Lucky Strike Naturale Rosso che in questi giorni fumo direttamente arrotolando il pacco.
little voice says I’m going crazy
to see all my worlds disappear
Ok, tranquy baby, nessun problema: non ce la si può prendere con qualcuno per i sentimenti che prova.
Ce la si potrebbe prendere per la tempistica, irrispettosa del mio bisogno di concentrarmi su altro in quel momento, per il fatto che un po’ penso fosse un fuoco preventivo in risposta ad un mio “dobbiamo parlare” (peraltro di una cazzata) di qualche settimana prima ancora in sospeso, ma in fondo sticazzi.
Il punto è che ha rotto qualcosa. Non mi succedeva da anni, era una sensazione che avevo completamente dimenticato.
Allora mi sono chiesta se le parole che avevo usato con lui nei mesi quando ero arrabbiata – molto arrabbiata – non gli avessero fatto quello che lui aveva appena fatto a me, se non gli avessi io per prima spezzato i sentimenti, se veramente lo avessi fatto sentire sbagliato.
Per questo gli ho scritto.
Sei facciate con la bic blu dove gli spiegavo che non volevo, che non avevo fatto apposta e che mi dispiaceva tanto.
Gli ho detto che quando stai molto tempo senza provare sentimenti capita di scordare che alcuni di loro esistano, che non volevo fargli male ma non pensavo di stargliene facendo, che non aveva nulla di sbagliato.
Ho scritto molte cose: non volevo rimanesse più calcato nel suo ricordo di noi il fatto che lo avessi bombardato con granate di parole, volevo ricordasse i momenti in cui abbiamo riso e ci siamo picchiati, quelli in cui era bello vedersi arrivare da lontano, le zozzerie quando sotto c’erano più emozioni che lenzuola.
E altre cose ancora.
Risultato: mentre passavo il tempo che gli serviva a concludere la lettura con l’ultimo post di Ortolani, P andava disperandosi.
Non
ci
becco
mai
Credevo gli avrebbe fatto piacere, magari un po’ effetto come ne aveva fatto a me scriverlo ma non volevo farlo sentire male.
“Mi hai messo una roba addosso”
“Scusa..”
Ma insomma, uno ti dice che sostanzialmente non gliene frega nulla di stare con te, che:
“Potremmo uscire ogni tanto e vedere come va”
“Ma spiegami: nel mentre posso uscire con altri se voglio?”
“Beh certo”
quindi – stringendo – trattasi di un “restiamo amici” poi, mi si agita in quel modo per qualche parola gentile.
Va là che non ho riso mentre leggevo Ortolani..
Vague sketch of a fantasy
Laughing at the sunrise like he’s been up all night
Nemmeno stavolta sono riuscita a non colpirlo, a non farlo sentire male per qualcosa che gli volevo far sapere.
Posto ormai che P probabilmente è un po’ delicato, mi chiedo se sia questione di incompatibilità con le persone che tipicamente sollevano il mio interesse o se sia incompatibile con i sentimenti in generale.
“Ma guarda.. Mi scrivi queste cose, mi fanno questo effetto.. e tu sei lì così… calma”
Baby, non sono calma: sono sconfitta. La partita è finita e io ho perso. Che dovrei fare, piangere? Se lo facessi ti sentiresti meglio?
Mi rendo conto di apparire indifferente, quello che potevo comunicarti l’ho fatto abbracciandoti, cercandoti, scrivendoti, non siamo mai stati tranquilli abbastanza a lungo perché riuscissi a farti vedere qualcosa di diverso dall’affetto e dalla durezza e non sono capace di iniziare ora.
Questa è una stanca, quieta resa.
Ooo slippin’ and slidin’, what a good time but now have to find a bed that can take this weight.