Il Complesso di Nonna Papera

Accade all’improvviso
negli anni.

O – forse! – gradualmente.

Si inizia con un “Beh dai sicura che non vuoi un altro bicchiere di succo?” all’amica svaccata a casa tua una domenica pomeriggio, quando fino a non ricordi esattamente quando ma veramente poco tempo prima, di offrirle o non offrirle qualcosa non te ne poteva fregare di meno;

si procede con un “No scusa non ho i fazzoletti in borsa ma se vuoi entro e chiedo un tovagliolo” al compare rintronato;

si va verso il baratro con “Dai di niente: avevo solo voglia di farti una torta!“.
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Di lì in poi, la cosa può solo peggiorare e diventa una cascata di stucchevoli e rivoltanti premure

Ne vuoi ancora un pezzo?
Sicuri di aver mangiato abbastanza?
Guarda che ci metto un attimo!

Stasera P ha l’influenza a cannone.
Son due giorni che sta male.

Nonostante io non abbia un’altissima opinione di lui e glielo abbia palesato anche di recente, è stato molto carino nel paio di giorni in cui sono andata in crisi paranoica.
Poi in 24 ore si è ammalato di una di quelle influenze brutali che agli individui di genere maschile tipicamente provocano stati di premorte

morto

Quando gli uomini stanno male, giustamente, li si sfotte perché cagano il cazzo manco fossero con un piede nella fossa
ma
il Complesso di Nonna Papera incombe
e io sto in pena 
come si sta
con i nipoti a digiuno
ai tavoli
le nonne.

C’è chi è avanti

– Boh, non è che mi manchi fumare, alla fine ho stoppato perché ultimamente mi faceva sentire male quindi non è difficilissimo rinunciare, però mi manca il gusto

– In chessenso? Quindi il gesto nnno

(La mia ex coinquilina è pugliese)

– No, solo il sapore. Per un attimo folle ho pensato di provare il tabacco da masticare ma anche no, a me piace proprio il fumo, se non è bruciato fa lo stesso

– Eeeeh effà cossì: prenditi un fumatore e quando spegne la cicca limone duro.

Gente che ne sa.

Come si è arrivati qui – P 11

Non ricordo esattamente la successione degli avvenimenti.

Per una settimana d’inizio ottobre io e P ci siamo scritti e infrattati in auto, niente di apparentemente rilevante, niente che mi piacesse poi troppo.
Forse mi piaceva piacergli, forse bevevo troppo, forse dopo tanto tempo per i fatti miei l’avere a che fare con qualcuno in modo più canonico del – mio – solito mi pareva ci stesse.

Una sera, dopo tre infrattamenti, ero a casa con l’influenza.

– se vuoi passo a trovarti dieci minuti

– ok dai

Così dopo qualche ora ci siamo visti al solito posto, sulla solita panchina che poi è un blocco di granito sul qualche ci eravamo menati per ore la prima notte.
Ci siamo salutati con un bacio al suo arrivo

grave

errore:

dopo qualche minuto di chiacchera e limone P aveva espresso la perplessità che fino a quel momento era rimasta solo dipinta nella sua espressione da piccola civetta dagli occhi sbarrati

– Mi chiedevo.. cosa stiamo facendo?
– In che senso..?
– Beh adesso ci siamo visti e ci siamo salutati con un bacio, se non ci fossimo baciati avrebbe voluto dire una cosa ma così nel vuol dire un’altra magari
– Oddio, non lo so.. ci siamo visti tre volte..
– Perché c’è una persona

Me la faccio addosso (altre bestemmie)

Me la faccio letteralmente sotto, specie perché sono annodata nel letto a piangere da circa due ore e non trovo la spinta per andare in bagno.

Cristo, che idiota sono stata.

I dolori, i momenti in cui sono sempre – sempre – stanca, più che stanca direi letteralmente tritata senza ragione apparente.
Male dappertutto.

“Quando eri piccola ti si arrossavano da morire le guance, diomio quanto si arrossavano! Si spaccava fin la pelle”

e potrebbe essere che quella minchia di dermatologo che avevo da bambina non riconoscesse un eritema a farfalla..?
Forse è solo suggestione.

I capelli, l’intolleranza a glutine e latticini, gli eritemi di quattro anni fa, più gli altri ventidue sintomi.
Ventidue.
Fra i quali un simpatico e coloratissimo affiorare di gocce di sangue sottopelle quando mi grattavo.
Cazzo volevo, che mi arrivasse una lettera da Hogwarts per comunicarmelo?

Vabè, respiro profondo e via, non è che debba essere per forza un dramma eh, però me la faccio sotto.

La cosa che mi fa sentire peggio – oltre al non avere idea di come stanno i miei organi interni e non aver voglia di saperlo adesso – è il fatto che nessuno contempli la possibilità che io me la stia facendo sotto.

Fanno battute, sdrammatizzano.

Poi i miei amici si chiedono perché tenda in linea di massima alla riservatezza, manica di idioti.

Visto che di norma ho la faccia da culo, allora allegria!
Oppure, mettere in dubbio. Come se facesse sparire tutto. Boh, a me sembra solo mi si dia dell’idiota perché ho paura.

“Sei sicura?”
“Magari non è così”
“Aspettiamo altre analisi”

Allora – dioporco – a parte il fatto che anche laddove le analisi fossero negative, è innegabile che:

sono stata di merda sostanzialmente per otto anni
ho iniziato a trovare una via d’uscita
sono stata meglio
qualche flessione in giù ma è stata tutta una roba in migliorare

ad agosto – senza che facessi nulla in particolare per cercarmela – sono stata molto male.
Di nuovo.

Seriamente, devo stare ad elencare al mondo i motivi per cui sono perfettamente legittimata a sentirmi spaventata..?
Ma vaffanculo.

Se il miglioramento l’ho messo assieme con aggiustamenti, fatica, ragionamenti, una buona dose di lavoro
il peggioramento prescinde decisamente dalla mia volontà.

E un grosso “Grazie al cazzo” potrebbe levarsi dalla folla, a questo punto

al quale risponderei con un sonoro “Prego la minchia“.

Insomma: analisi o non analisi, bene non sto.
Poi, si chiami Lupus si chiami Giovanni, diocane non è una cosa che posso gestire con la dieta delle star di Hollywood e l’atteggiamento cheerly.

Non è che io brami per avere una diagnosi di merda eh, mi rendo solo conto che ormai il quadro dei sintomi più che dare un’immagine chiara rappresenta proprio il capitolo del libro di reumatologia.

Dr. House si sta rivoltando nella sceneggiatura.
Dal ridere.

Ma, tutto sommato, tranqui.
Non c’è bisogno di agitarsi: sono migliorata comunque e il peggioramento recente è quasi del tutto rientrato, ora so come gestirmi, mi sento piuttosto bene a parte dolori ricomparsi ma affrontabilissimi.

Anche quando non pensavo al nome del disturbo, ho avuto momenti in cui sono stata male, me ne sono battuta le palle e amen.

Oh, poi sticazzi e amen: chi vivrà vedrà, poi non è che ora posso mandare a fanculo tutto perché sono spaventata e mi sento sola.

Stare male fa sentire molto l’essere soli, cosa che di norma a me non dispiace – recentemente era diventata una mano santa – ma al momento invece merda al cazzo.

Vabè, in tutto questo comunque FANCULONONPOSSOFUMARE

Il posto più bello

–  Casa è dove appendi il cappello
–  O dove c’è la tua famiglia

O dove perdi il conto del tempo
dove – chiunque sia l’ultima a entrare – chiuda la porta e posi la chiave.

Casa è strillare fortissimo in corridoio perché se non hai esaurito tutto prima di entrare, puoi comunque finire con calma
magari hai esaurito tutto e urli perché sei contenta.

Magari urli e basta.

Casa è dove arrivi con un peso sul cuore e c’è un posto per lasciarlo qualche ora e prendere respiro
dove agli altri non importa troppo né troppo poco
e nessuno ti chiede più di quanto tu possa dare.

Erba tra i capelli
graffi sulle gambe
scontrarsi e andare a terra fino a non avere nella testa spazio libero da usare
nessuna cosa a cui pensare.

cus

Giuro: avevo il terrore, di non riuscire a tornare.

Io vi avviso che in questo post ci sono elementi confusi e bestemmie.

Sono stata dalla dermatologa lunedì e a quanto pare la mia epidermide rappresenta per quel tipo di specialista ciò che per un astronomo è rappresentato dal cosmo:

fibroma, neo tal dei tali, neo così neo colà, tuberoma, infiltrazione lipidica (oh lipidico a chi!) dissù, lesione ulcerosa diggiù e tutta una serie di nomi che a me francamente sticazzi.

Oltretutto, la dottoressa – forse la prima dermatologa competente che abbia mai visto in tutta la mia vita – è evidentemente di origine mediorientale;
il dato si avverte non tanto a prima vista, considerato che i suoi tratti così su due piedi li avrei attribuiti d’elezione ad un retaggio ellenico, quanto ad un primo ascolto.

Eterno.

Infinto.

Diocristo.


– Ecco come possiamo osservare questo tipo di lesione blablablablablabla – la quale si differenzia dal blablablablabla – non troppo diverso a prima vista ma in processo patogenico estremamente differente blablablablabla – il quale potrebbe ricordare il blablabla etc

– Ok.. lo compro

Le informazioni erano talmente tante e la cadenza così caratteristica e ipnotica che
dopo tre minuti di termini specialistici centrati e puntuali
su un argomento sviscerato con estremi puntiglio e competenza
ed un numero ineffabile di subordinate
ormai ubriaca della sua voce

ero convinta si parlasse di tappeti.

Mai incontrato un personaggio simile, fuori da un bazar.

Figa comunque, nonché piuttosto diretta:

– Dunque come possiamo dedurre da […blablablabla…] potrebbe trattarsi di eczema, fungo, fungo cresciuto su un eczema o lupus.

Per quanto riguarda la lesione ulcerosa osservata […blablabla…] la osservi per una settimana in modo da sapere se rimarginerà o se si tratta di tumore. 

Lo ammetto: Lupus e tumore nella stessa frase, non me lo aveva ancora detto nessuno.
(Oltretutto qui “tumore” è nell’accezione più banale e easy della storia della patologia: lesioncina del cazzo, via il neo).

Ma Lupus sì, porcodioladro madonnatroia.

Che due coglioni.

Ora: non sto male.

Diciamo che ognuno – meno i più fortunati – convive con piccoli o grandi disturbi e se ne fa una ragione. Tipo che mi sono lussata un dito ormai cinque mesi fa e mi fa ancora male, ma ad essere infiammatori cronici e scegliere uno sport da contatto LOL.

Sto molto meglio anche solo dell’anno scorso, diciamo che negli ultimi due anni e mezzo è stato tutto un migliorare con qualche zig-zagamento in ricadute più o meno lunghe ma siamo arrivate a essere sul pezzo (io e le mie cinque personalità).
Rimane che non ho una diagnosi.
Ho una signora autoimmunità che è un campo sfumato parecchio – figuriamoci se potevo avere una cazzo di malattia precisa – dove non esistono vere e proprie soluzioni.

Ho rivoluzionato il mio stile di vita a più livelli possibile, per stare bene e finalmente smettere di fare la bambina, la malata o qualunque cosa fosse quello che stavo non-facendo.
Anche perché il sintomo psichiatrico era il più invalidante di tutti, anche di tutti gli altri assieme (e ho svariati blog a testimonianza).

Però
anche se so
che finché resto ligia
sto bene
perché anche se i libri di medicina non ne parlano abbastanza per gli infiammatori cronici e autoimmuni lo stile di vita può fare davvero la differenza

un nome di merda è sempre un nome di merda.
Lupus è un nome di merda e fa parte dei miei porcodio di diritti cagarmi sotto, anche solo dieci minuti.

E a me nessuno abbraccia mai perché potrei aver paura.
Non per male: ho abituato tutti a un grado estremo di impassibilità, veder piangere me – per paura poi! – farebbe venire un attacco di panico a tre quarti delle persone che conosco.
Son tre anni che mi nominano a più riprese e in diverse sedi il Lupus, ogni volta lo racconto ai miei – in modo molto tranquillo – e loro ogni volta cascano dal pero.
Lo rimuovono completamente!
Mi vedessero in crisi dovrebbero andare loro in terapia per un annetto almeno.

Che poi in realtà non me ne farei neanche un cazzo di abbracci o pacche sulle spalle perché è una cosa che non mi piace all’atto pratico, ma mi piacerebbe sapere che esiste la possibilità.

Si desidera sempre quello che non si può avere, a quanto pare: manco un gesto, solo la disponibilità a farlo.

Vabè, dovessi continuare a lamentarmi di ‘sta cosa andrei avanti per sempre ma non ho tutto ‘sto tempo.

E poi va reso merito all’unico uomo della mia vita che ama farmi piangere per ore e tenermi le mani – strano feticcio il suo – ed è anche l’unico a cui lo lascio fare e poi dimentico tutto perché questi agguati emotivi partono alla seconda bottiglia netta con zero contenuto gastrico e sono poche le persone al mondo che riescono a farmi bere tanto (senza ripiegare per primi)
mangiare nulla
raccontare tutto.
Va là che ci dividono due continenti per la maggior parte del tempo e posso continuare a “fare la dura”.
Va là che torni – quasi – spesso e che stavolta abbiamo passato insieme ben due giornate e anche se non sei tra quelli che conosco da più tempo né con il quale mi sia vista chissà quante volte, tu di me sai più di chiunque altro.

Lui per questo c’è: per la possibilità, la teoria, la pratica.
Nessuno di noi due però ha idea del perché.

Per fortuna che ci sei – a cadenze più o meno regolari – tu, B.
E
checché tu ne dica
che ce la posso fare, che sono diqquà e dillà e cazzi e ammazzi
considerato il momento
la condizione attuale
l’ansia
il tempo
l’orcodemonio

iniziare a smettere di fumare sabato è stato proprio tempismo di merda.

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