Spesso mi tacciano di essere una persona troppo riservata, che non dice mai niente e non si fida.
Chiarisco: sono capace di parlare anche per il culo, ma di facezie o cose phighissime che non mi riguardano direttamente.
Capita, ognuno è fatto a modo proprio.
Una cosa che innervosisce molto – direttamente connessa con il pessimo metro che applico alla scelta degli interlocutori – è che, la volta in cui decido di parlare, non va bene quello che dico.
Mi vengono in mente esempi abbastanza umilianti.
Probabilmente scelgo controparti dementi all’unico scopo di collezionare ulteriori ragioni per dire sempre meno.
Sì: la storia pare confermare.
Ora
c’ho 30 anni
quindi
sticazzi.
Dico quello che mi pare, quando mi pare, dove mi pare – nei limiti della legalità o finché non mi scoprono, dipende. Tengo le mie paturnie ma poi non mi si rompa il mazzo.
(Cerco di limitare la scurrilità, ho pur sempre 30 anni).
Con la scusa che sono grande e grossa e scorbutica, me ne sento dire in continuazione e non reagisco come potrei.
Mi rendo conto che la mia espressione di “Aouch, colpo basso che mi ha presa in pieno” sia un po’ troppo simile a un “Guarda lì verme orribile mi fai cagare”
e che incamero senza che la controparte ne abbia il sospetto fino ad esplodere e vomitare addosso all’interlocutore robe che possono ferire
ma chi mi conosce dovrebbe conoscere le immobilità delle mie espressioni
o come schivare gli schizzi.
Soprattutto, dovrebbe avere presente che con tutta l’autocritica che cerco di fare, sarebbe ora che a propria volta facesse un minchiosissimo sforzo.
Altrimenti, addio.
Poi, in realtà
non sono mai stata arrabbiata abbastanza a lungo
per avere una qualche parvenza di dignità.