Momento d’introspezione nervosa.

Spesso mi tacciano di essere una persona troppo riservata, che non dice mai niente e non si fida.

Chiarisco: sono capace di parlare anche per il culo, ma di facezie o cose phighissime che non mi riguardano direttamente.

Capita, ognuno è fatto a modo proprio.

Una cosa che innervosisce molto – direttamente connessa con il pessimo metro che applico alla scelta degli interlocutori – è che, la volta in cui decido di parlare, non va bene quello che dico.
Mi vengono in mente esempi abbastanza umilianti.
Probabilmente scelgo controparti dementi all’unico scopo di collezionare ulteriori ragioni per dire sempre meno.
Sì: la storia pare confermare.

Ora
c’ho 30 anni
quindi
sticazzi.

Dico quello che mi pare, quando mi pare, dove mi pare – nei limiti della legalità o finché non mi scoprono, dipende. Tengo le mie paturnie ma poi non mi si rompa il mazzo.
(Cerco di limitare la scurrilità, ho pur sempre 30 anni).

Con la scusa che sono grande e grossa e scorbutica, me ne sento dire in continuazione e non reagisco come potrei.
Mi rendo conto che la mia espressione di “Aouch, colpo basso che mi ha presa in pieno” sia un po’ troppo simile a un “Guarda lì verme orribile mi fai cagare
e che incamero senza che la controparte ne abbia il sospetto fino ad esplodere e vomitare addosso all’interlocutore robe che possono ferire 

ma chi mi conosce dovrebbe conoscere le immobilità delle mie espressioni
o come schivare gli schizzi.

Soprattutto, dovrebbe avere presente che con tutta l’autocritica che cerco di fare, sarebbe ora che a propria volta facesse un minchiosissimo sforzo.
Altrimenti, addio.

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Poi, in realtà
non sono mai stata arrabbiata abbastanza a lungo
per avere una qualche parvenza di dignità.

Scrittura Creativa

Stamattina Chiavoli mi ha scritto un messaggio corredato di link:

“Io mi iscrivo a questo laboratorio di scrittura creativa 
nel caso volessi sputtanarti anche tu dusentzinquanta bon da mill”

“250 euro e la prima lezione mi fanno leggere Paolo Nori e Hornby? 
Ma per piacere.”

Non per male eh, de gustibus – grazie eterni ha chi ha inventato questa paraculata – ma quell’uomo mi fa calare l’attenzione più della lettura continuata di un elenco del telefono.
Malinconia – seghe mentali – malinconia – seghe mentali – struggenti ricordi.
Qualche suo passo mi piace molto, però con il fatto che basta un paragrafo ad azzerarmi la voglia di vivere, pagare dei soldi per farmelo leggere… No.
E dico “No” per non dire “Stocazzo”.
E Hornby, piacevole, commerciale, mesto e con gli occhi acquosi.
Due libri e mi ha stufata, addio.

“Ma no dai, sono tutte di pratica. Le letture saranno un corollario di chiusura”.

“250 euro 
MAFFIGURATI 
poi il venerdì ho allenamento 
ma anche fossi sola, senza amici, disgraziata, privata di qualunque contatto umano e quel corso fosse l’unica possibilità disponibile per incontrare individui della mia stessa specie 
direi 
250 euro?”

“Beh 250€ per otto lezioni è ben sotto la media di paperdollari che leggevo in giro. Mi sto facendo truffare come mia nonna con i gioielli comprati in tv?”

“Non è tanto il prezzo in sé, è il prezzo abbinato al nome delle letture, ma se lo avessi specificato in ogni frase di lamentela che ho scritto, mi sarei dilungata troppo” 

“😂😂😂”

Sarò egocentrica, sarò tirchia, non so: sicuramente sono in ritardo per la convocazione in campo e devo stringere: i corsi di scrittura creativa mi stanno sulle balle.

Secondo me la creatività non si insegna e la scrittura si impara leggendo, a me il blog di Chiavoli piace più di molte gnole pubblicate su carta.

 

 

 

Una specificazione sul post precedente

Non ho la minima idea di chi fosse la persona a cui mi rivolgevo
perché ero al quarto spritz da mezzo litro.
Spritz misto poi: un po’ Aperol e un po’ Campari.
Se c’è una cosa che nella vita ho imparato è che niente di quanto ti insegnano in Veneto, sarà mai privo di effetti collaterali.

Ora, considerando le mie turbe, il destinatario della paturnia potrebbe essere più o meno chiunque.

In allegato, la mia espressione rileggendo il post. Foto di repertorio.
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A volte credo di farmi patemi d’animo solo per il gusto di star male, indipendentemente da chi mi trovo davanti;
uno sport come gli altri:

“Ciao, tu ti alleni?”
“Sì, gioco a calcio, tu?”
“Io sono una discreta giocatrice di gastrite agonistica“.

Vabè, sticazzi.
‘Sta settimana riordino i pezzi della mia misera esistenza che è piuttosto sparpagliata e mi sono rotta, facciamo ordine. Mi ci metto.
Quelle cose serie orride che fanno venire mal di pancia… Che schifo essere – sulla carta – adulti, soprattutto perché si svaluta moltissimo tutto quello che man mano si pensava importante fino al giorno prima: crescere è un pacco perché è un continuo andar fuori moda di chi eravamo.
MAMMAMIA che frase da diario 1997/98 ho appena prodotto.

Riprendo anche le fila di quello che avevo iniziato a scrivere tempo fa: cancro e grasso continuano a gasarmi parecchio, de gustibus.
Sempre meglio della maggior parte dei miei ex.

Mi diverte questa sensazione di pace irritata, come un braccio pizzicato dopo che il prurito è passato, mi sento nei confronti di me stessa come mi ha scritto il fisioterapista – che ho visto 4 volte nella mia vita ma ho effetti scoppiettanti sulle persone articolate – Ossa: “Insomma, ti picchierei ma in fondo ti voglio bene”.

(Mi ha anche dato della “Guerrafondaia psicotica”, ma questa è un’altra storia.
Che – per evitare ritorsioni – appena mi avrà aggiustato del tutto le ginocchia, magari racconterò).