Sedevo all’estremità del binario di una stazione di periferia, fin dove mi aveva traghettata la zia, e mi sentivo pimpante.
Ovviamente, per un motivo era sbagliato. E non posso farci niente.
La news è che non voglio, farci niente.
Se a 150 anni ancora sono fatta così, così resto e pace. Inutile forzarmi a essere diversa: mi partirà sempre un irrefrenabile entusiasmo per qualcuno
eventualmente risulterò insopportabile
probabilmente finirà in niente.
Ma a me piace e a pretendere di cambiare, perdo solo del gran tempo.
Io voglio lo slancio, poi sbattere, rompermi e rimettermi insieme e me lo dicono tutte le persone risolte, che così non si fa; lo so. Sticazzi.
E mica m’innamoro, io mi gaso. E mi gaso per maschi e femmine – quasi indistintamente, anche se la statistica è asimmetrica – ed è gas che uso per accelerare sulla via di fuga, da quello a cui non voglio pensare.
Lo so: è poco funzionale e spesso fa vittime, anche se più raramente e per ora è il massimo che garantisco, perché sono felice ma non sempre. Comunque, era più di un anno che non succedeva.
E poi sono anche grata all’infelicità, che mi ha lasciato tante persone: chi sopravvive ai miei colpi di testa, spallate o lunghe scomparse, ha una parte nella mia serenità. Ho ancora qualche sclero, via via un po’ di meno.
Anche tu, Ine che ci sei a prescindere da quanto a lungo io manchi.
Insomma, al binario aspettavo il treno e facevo un errore.
L’avevo cominciata per una cagata.
Un giorno arrivo in un bar dove vado ogni tanto, e c’è lui dietro banco che mi chiede “Quindi tu conosci la mia amica?”
Chiacchieriamo un po’, l’ha visto su FB e mi resta in mente. Alla prima cacca ci guardo e trovo un assortimento inedito di gente in comune. Di vista lui l’ho presente da anni, ma mai scambiato più di qualche chiacchiera al volo. Vedo anche che ho la sua richiesta in sospeso da un’era geologica (non l’avevo riconosciuto), e l’accetto.
Poveretto.
L’appartamento c’era ancora, ma ero già di ritorno fissa al paesello.
Avevo finito di lavorare, portare avanti il mio progetto 15 ore al giorno non sono capace, insomma: mi stavo scassando le palle.
Quel tizio mi aveva sempre beccato bene. Senza motivi in particolare: gentile, divertente, non il mio genere – che nei miei gasamenti è un plus – e mi serviva una distrazione. Cioè, la volevo. Boh, non so.
Lo impezzo un po’ su messenger e non ottengo granché: non mi dà corda.
Allora io – che sono un’idiota – penso “Perché non cagare il cazzo a tutto tondo?”
Quando faccio ‘ste cose sono come sbronza: mi sembrano veramente idee normali. Poi, a me divertono, ma sono talmente egocentrica che non mi fermo a pensare che dall’altra parte c’è un essere umano senziente, forse non altrettanto entusiasta dei miei trip senza acidi.
Genialmente, decido di buttare l’asso, il re o come cazzo si dice
e gli scrivo una cosa tipo: vabé tu non sei impezzabile e io faccio schifo a impezzare, comunque lo facevo esclusivamente a secondo fine, almeno puoi prenderlo come un complimento. Circa.
Lui risponde pisciandomi gentilmente, come se gli avessi chiesto di frequentarci o una roba simile – che ci può stare: non è che io sia chiarissima – e io ribatto che no: per una qualche ragione lo avevo sempre trovato vagamente scopabile e che non cercavo storie.
Ora, se ricordi, questo da parte mia – monaca part time – è un discreto complimento e allo stesso tempo vuol dire nulla. La cosa che volevo davvero, era provare l’ebbrezza di essere sfacciata, che mi viene naturale in ogni altra fetta d’esistenza, mentre a livello interpersonale resto sempre la passiva.
Ed è stato divertente, poi ci avevo visto giusto: un rimbalzo gentile, qualche caffè più divertente del solito, tutto lì.
Ma – ovviamente – non avevo finito.