“Scusa: io, faccio ordine”

“Metto a posto”.

Lui mette a posto tutto e subito.
Io no.

L’accendino appena usato lasciato sul tavolino, il bicchiere svuotato un secondo fa, il tappo saltato della bottiglia,
prima che tocchi terra.

Più veloce, più è nervoso.

“Ecco, siamo a casa mia: non c’è un granello di polvere fuori posto. Solo copridivano molto brutti e un sacco di roba che c’entra con la musica”;

io di musica so poco, non ho un divano mio e la cosa che faccio meglio, è il caos.

“Questo è il mio pigiama a righe, riposto ogni mattina sotto al cuscino, che infilo e rincalzo nei pantaloni”;

io dormo quasi nuda, perché generalmente ho caldo e perché non so mai dove ho messo la tuta.

“Ah! La tessera elettorale! Aspetta che vado a vedere dov’è….
Eccola! È in questa cartellina blu che contiene le carpette con dentro la roba che ho scritto sopra”;

A me ha telefonato mia zia quattro giorni fa, chiedendo cosa ci facesse il mio documento elettorale nel suo garage.

“Stai tranquilla. Te sei presa bene, io sono preso bene, a posto“.

Ora, ‘sto tizio – per certe cose – è quanto di più lontano ci sia da me,

per altre no, fuochino

ma la prima cosa che ha pensato di fare durante quell’uscita

che è durata esattamente 24 ore

è stato iniziare a mettermi ordine

dentro.

6 pensieri su ““Scusa: io, faccio ordine”

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