B., che ho nominato di recente, non è in formissima.
Considerate una grossolana descrizione del personaggio: trentenne di 1,95 d’altezza, moro, sportivo di lunga data, tratti marcati e occhi bruni che si assottigliano tantissimo quando ride.
Non so bene il perché di questa sensazione, ma quando “vedo” lui abbattuto, mi fa più effetto. Deve aver a che fare con questa apparenza solida, invincibile.
E scrivo “vedo” perché lui è dall’altra parte del mondo e sua moglie E. qui, e dovrà sottoporsi a un esame per verificare che il cosetto nella pancia non stia facendo cazzate.
Tubo neurale di merda. Una volta che si chiudesse e ripiegasse come cazzo deve, senza fare tante storie.
Avete presente come ci formiamo?
Non è da una palla (quella serve anche a fare un po’ di placenta e altri annessi embrionali)
ma da tre strati di cellule, tre foglietti impilati (si chiamano proprio così) che si arrotolano per fare un tubo
poi il tubo si piega a “C” e quello è l’embrione in posa da fagiolo. Poi sbucano gambe e braccia, ma al momento non ce ne strafrega una minchia (comunque ci sono).
Siamo un tubo di fogli e ammennicoli vari, a dare spessore.
Ovviamente, durante l’avvolgimento, ai tre foglietti vengono velleità da origami e formano figure varie e fantasiose
e quando queste figure sembrano non riuscire, quando si tratta di cervello, il grado di paranoia aumenta esponenzialmente. Giustamente.
Però i feti sono poi cosetti strani: piccoli, indifesi, ma dotati di tutta la potenza di cui un umano può disporre: si sistemano, riprovano, rifanno. Succede di continuo e neanche lo sappiamo, ma si preparano a entrare in scena: ci sta, una qualche indecisione su posa e look.
Quindi siedo in corriera, me la faccio sotto perché so che tutto tornerà di certo a posto, ma diciamo che mi si stanno un po’ rifacendo il look i polmoni e non riesco a inspirare proprio del tutto…