Un altro pezzo

[…] “Forza, non darla vinta al dolore…”

Mentre Tempesta stringeva la mano guantata di Fiore, Perpetua borbottava, come una pentola che sobbolle cercando di togliersi il coperchio di dosso. Il coperchio, infine era saltato: “Ma che stupidaggine!”

Stando all’espressione incredula, Tempesta faticava ad afferrare come avesse potuto meritare un’uscita del genere.

“… Cosa?”

“Il dolore vince per definizione: un dolore che perde è un colpo che non senti, non è dolore!”

“Tu mi farai ammattire! E allora, cosa proponi?”

Stando al vasto petto che fremeva, Perpetua non aspettava altro che un invito formale a dire la sua.

“Che te lo devi tenere stretto, mentre ti balla sulla schiena e nella pancia, finché non avrà finito con te! Sarà lui, a stufarsi di darti il tormento. Gli va lasciata godere la sua meschina vittoria, lo si sopporta, fino a che a sarà morto di noia!”

Seduta di fronte, Robi giocava con la cannuccia azzurra che svettava dal basso bicchiere. “Quindi suggerisci di non fare niente per distrarsi o evitare di pensarci?” aveva domandato, pensierosa. I bracciali metallici al suo polso, tintinnavano sommessi.

“Assolutamente! Se scappi dal dolore, quello continuerà a divertirsi un mondo, rincorrendoti e rendendoti la vita impossibile! Lascialo fare e fidati, che presto si stuferà di giocarti da solo” […]

Un altro post, su una cosa fica

Mi capita spesso, di sentire bistrattato il corpo e – insignitamente – il cervello

perché quanto di “elevato”, “aulico”, “poetico” possiamo produrre, sembra considerato un fenomeno a sé

come se non avesse basi biologiche ben note, come se non fosse – il nostro stesso corpo – capace di trucchi, che somigliano a magia.

Quindi ho messo qui una cosa, che secondo me è una figata:

http://pellicanopapers.com/il-retro-degli-occhi-1-2/

Un pezzo

Una volta, una donna di passaggio si era trattenuta al bar più a lungo del dovuto.

Diacono, temporaneamente galvanizzato dalla recente lettura di un libro di auto-aiuto da cui aveva tratto incrollabili verità che avrebbe entusiasticamente interpretato fino alla settimana successiva, si era allargato a domandare: “Qual è la sua più grande ambizione?”

La donna gli aveva riposto, un poco sorpresa: “Io… non ne ho. Odio tutto quello che faccio, quando va bene. Quando va male, non m’importa al punto che, sarebbe lo stesso se lo facesse qualcun altro”.

Il suo sorriso era rilassato e gli occhi carichi di quiete e vuoto.

Percosso, ma ancora aggrappato alla cresta schiumosa della sua positività, Diacono aveva azzardato: “Beh… magari se ne parlasse con qualcuno di vicino… si sentirebbe meglio! Motivata!”

“È carino da parte sua, ma non posso dirlo a chi mi è vicino… L’unico mio desiderio, è che chi mi ama, non se ne accorga mai. Se lo venissero a sapere, perderei l’unico aggancio che ho a questa terra. Fingere di essere quella che credono sia, mi avvicina a come vorrei sentirmi. A sentire qualcosa”.

Lui non sapeva trovare di che rispondere, a quel punto.

Lei doveva avergli allungato la banconota solo per toglierlo d’imbarazzo. Mentre contava il resto da porgerle, frugava la mente alla ricerca di una ribattuta incoraggiante, ma non gli era riuscito di spremere altro che non fosse qualche goccia di sudore.

Una fila di “Chissà”

B ed E aspettano di conoscere le loro sorti lunedì, all’ecografia programmata improvvisamente, dopo un’apparentemente incoraggiante esito di risonanza magnetica.

Non sanno cosa aspettarsi e non posso aiutarli.

Una fastidiosa influenza mi ha svalvolata per tutta la settimana e sono indietro su più fronti rispetto al mio solito, ma va tutto bene lo stesso.

L’altro giorno, uno dei tre passati con Alck, giusto lui mi telefona da supermercato:

“Adesso rovinerò la mia sorpresa romantica per S. Valentino

ho riso, perché non sapevo dove volesse andare a parare, ma sicuro non sul romanticismo.

“Vai, dimmi”

“A casa ci sono la paprika e il resto che serve? Ti ho preso le costine…”

che sono la nostra schifezza preferita.

Così è tornato e, il giorno successivo, le abbiamo messe in lavorazione per una serata lurida.

Non sono stata molto brava con Alck in questi giorni: tra il mal di testa costante e la mancanza di sonno ad alimentarlo – perché lui si agita come un’anima in pena di notte, e io mi sveglio definitivamente – ero arrabbiata per il non riuscire a essere produttiva come devo.

Lo avevo scritto, che avrei necessitato di promemoria.

Comunque, se n’è accennato e a posto. Alck è meno incline di me, a parlare di come si sente.

Il resto è andato liscio.

Giovedì, subito prima d’iniziare la cena, ho guardato il tavolo.

Cuccioli, salse, birra e vino rosso, una sparuta rappresentanza di broccoli e funghi al forno, patate fritte e formaggio.

“Ma guarda qua! Facciamo schifo… guarda ‘sto tavolo!” ho detto io.

Lui ha frugato la zona non apparecchiata, aggiungendo “… vuoi anche un Mars?”

Tra alti (soprattutto i trigliceridi) e bassi, va tutto come deve.

La cosa che ora mi preoccupa di più, è che Alck questa settimana, inizia in un nuovo posto di lavoro.

Quello che era di suo padre.

Sono sicura che andrà bene, ma sono altrettanto sicura del fatto che non ne parlerà quanto vorrei.

Vabbè, siamo qua lo stesso.

(Questa l’abbiamo fatta da mandare a un’amica, ex collega di Alck. La farò incorniciare).

Sanremo e vecchi rancori

Leggermente febbricitante e zero nostalgica, i post su Sanremo che mi solcano i social, mi fanno tornare alla mente orridi testi del passato.

L’insoddisfazione per uno in particolare (che non ho idea se sia mai stato in corsa alla KERMESSE), non mi ha abbandonato:

“E mangio troppa cioccolata

forse ero te nella mia vita passata”.

Cosacazzo vuol dire.

Da vent’anni, ciclicamente mi chiedo come qualcuno che non avreste invitato alla stesura del papiro di laurea del vostro peggior nemico, sia finito a scrivere testi di canzoni.

Allego una serie di alternative che avrebbero avuto più senso:

“E mangio troppa cioccolata”

– dovrei provare anche la marmellata

– con la mostarda è una figata

– ma non disdegno una bella costata

– ormai la metto anche sull’insalata

– dopo due anni la cintura è scoppiata

– l’ultima arteria è già stata otturata

– ora è una sciolta a ogni cacata

– sarebbe ora di una pedalata

– la mia ora sarà presto arrivata

– ho delle carie dimensione patata

Preoccupazioni Riflesse – 2

Dopo aver sentito B., contattato qualunque persona mi confermasse di avergli dato la versione dei fatti corretta su RM in gravidanza, ventricoli cerebrali e quant’altro

ho sentito E.

Preoccupata ma non troppo (va là) mentre B., ancora perduto in lande asiatiche, aveva ceduto alla pressione incombente, di certo aumentata dallo scarso ricircolo d’aria di certe parti della Cina.

Detesto quando mi confondono gli amici.

Secondo E. e secondo amiche nel campo dell’ostetricia, è possibile che la lieve anomalia riscontrata, con molta urgenza indagata poi, possa essere più che altro molto interessante per il professore che si è interessato della lettura dei risultati e che le ha chiesto il permesso all’utilizzo dei dati.

“La mia povera cavietta

mi ha detto per telefono, mentre – immagino – si passava la mano libera sulla pancia lievitante.

“Beh, anche fosse: meglio così. Nel dubbio, se c’è stato un mutuo beneficio – per voi con il passaggio diretto a un esame molto dettagliato e per loro con la raccolta dati – ne avete guadagnato da entrambe le parti”

“Eh però potrebbero dirlo!”

Assolutamente, cara E.: troppe volte ‘sti cazzo di dottori, non arrivano a capire che basterebbe spiegarsi.

In generale, tra persone, basterebbe spiegarsi e spiegare.

Allora poi…

(ombreggiato in viola, il sistema di scolo del nostro encefalo, che sembra complicato ma se si pensa che il cervello è un tubo che finisce come un origami ripiegato, forse ha più senso)

(Dita incrociate: dopodomani, gli esiti dell’RM)