[…] “Forza, non darla vinta al dolore…”
Mentre Tempesta stringeva la mano guantata di Fiore, Perpetua borbottava, come una pentola che sobbolle cercando di togliersi il coperchio di dosso. Il coperchio, infine era saltato: “Ma che stupidaggine!”
Stando all’espressione incredula, Tempesta faticava ad afferrare come avesse potuto meritare un’uscita del genere.
“… Cosa?”
“Il dolore vince per definizione: un dolore che perde è un colpo che non senti, non è dolore!”
“Tu mi farai ammattire! E allora, cosa proponi?”
Stando al vasto petto che fremeva, Perpetua non aspettava altro che un invito formale a dire la sua.
“Che te lo devi tenere stretto, mentre ti balla sulla schiena e nella pancia, finché non avrà finito con te! Sarà lui, a stufarsi di darti il tormento. Gli va lasciata godere la sua meschina vittoria, lo si sopporta, fino a che a sarà morto di noia!”
Seduta di fronte, Robi giocava con la cannuccia azzurra che svettava dal basso bicchiere. “Quindi suggerisci di non fare niente per distrarsi o evitare di pensarci?” aveva domandato, pensierosa. I bracciali metallici al suo polso, tintinnavano sommessi.
“Assolutamente! Se scappi dal dolore, quello continuerà a divertirsi un mondo, rincorrendoti e rendendoti la vita impossibile! Lascialo fare e fidati, che presto si stuferà di giocarti da solo” […]