Il tema dell’aborto, sotto tre diversi aspetti, ultimamente mi è tornato a viva forza dentro al cranio.
La scorsa settimana, ho condiviso su Facebook un post – abbastanza arrabbiato – di una tipa che difendeva il diritto a ricorrervi. Non una pubblicità pro IGV (nei confronti della quale penso ognuna debba avere la propria visione), solo un dichiarare che dovrebbe essere disponibile per tutte, senza colpevolizzazione o stronzaggine.
Sotto al post, ha preso a commentare la moglie di B., che non conosco molto.
B. lo si trova indietro di qualche anno, su questo blog. È un tipo che conobbi nell’ennesimo Sturm und Drang della mia vita; caso volle, che anche lui fosse dentro uno dei suoi.
Tra di noi, tutto quello che c’è stato si riassume in due o tre telefilmici limoni, un paio di sbroccate, per arrivare alla reciproca comprensione: tra me e lui non c’era chimica, solo un’estrema affinità, che ci aveva portati a buttare l’una sull’altro cose che non riguardavano noi.
Per questo, anche a distanza di anni, siamo rimasti ottimi amici. 
Questi siamo io e lui ai laghetti: ci andiamo ogni volta che lui torna in Italia dalla Cina, Paese in cui si trasferì tre o quattro anni fa. E dove ha conosciuto sua moglie E.
La cosa che racconto sempre di loro due, è la vicenda geografica:
i due si sono conosciuti a Shangai, nel circuito degli stranieri emigrati.
Quando mi disse che aveva trovato la donna, lo immaginai – testualmente – con un’avventuriera americana, o con un’asiatica alta e misteriosa.
Invece
“No Tazza, è anche lei di BP…”
E. fino ai cinque anni, aveva vissuto nello stesso paesino immerso in nulla e nebbia, da cui viene lui.
I veneti, lo prendono sul serio il detto “Mogli e buoi dei paesi tuoi”, cazzo.
Io ed E. siamo molto diverse, ma penso ci stiamo simpatiche.
Il post che ho condiviso su FB, pur non trattando esattamente lo stesso aspetto, l’ha punta sul vivo: lei è B. hanno sofferto un aborto spontaneo, a seguito di una gravidanza molto desiderata.
E. non è complicata né cervellotica, e ha quel modo disarmante e schietto di vivere e raccontare il dolore, che a me fa sempre venire un po’ da piangere.
“Nessuno parla mai di tutte quelle mamme che non ce l’hanno fatta fino in fondo a diventarlo, a nessuno interessa”
era il succo del discorso. È vero: ne conosco altre.
In piccola parte, la capisco: ai tempi di P., mentre facevo addominali, iniziai a sentire un gran fastidio nel basso ventre – simile a crampi mestruali -, arrivai in bagno e feci appena in tempo a sedermi, che partì una lavata di sangue e schifo. Durò un paio di minuti.
Mi era già capitato di avere perdite strane (occasionalmente), ma mai una cosa del genere.
Finita, mi tirai su e feci finta di niente. Avevo altro per la testa, in quel periodo.
Tempo dopo, a una visita ginecologica, il medico mi chiese se avessi figli.
“No” risposi, presa alla sprovvista.
“Beh, di qui qualcosa è passato”.
Avevo rimosso. Con il suono delle sue parole, il ricordo di quel tardo pomeriggio tornò su come un conato di vomito.
Raccontatolo a E., si è ripristinato l’equilibrio: a quel punto, parlavamo della stessa cosa. Un aborto non è mai a costo zero, anche se ti coglie alla sprovvista e passa senza conseguenze.
Anche la mia amica CE. ha perso una gravidanza.
Ieri l’altro l’ho incrociata per caso e ci siamo fermate a fare due chiacchiere.
“Ma non mi vedi diversa??” ha miagolato sorridente.
“Sei incinta!”
“Sì! Ma è proprio fresca, infatti vediamo come va…”
Ci era rimasta davvero male, per la prima gravidanza persa. Come E.: relazione stabile, figlio desiderato, difficoltà a rimanere nuovamente incinta.
Il suo capo è un coglione: considerato il lavoro che fa, può stare a casa da subito, ma lei non è il tipo che approfitta di ogni singola possibilità per fare meno. Certo che, con il suo storico, il piano è dare a lui l’agio di sostituirla ma staccare comunque presto.
Il Capo Coglione però, non se lo merita. Prima che l’assumesse, sono stati colleghi, si conoscono da 15 anni, eppure
ha avuto il coraggio di rispondere al di lei annuncio, con:
“Beh oh, tanto lo sai che sono già pronto con la bambolina vodoo, come l’altra volta”.
Da am-maz-za-re.
Detto da uno che ha due figlie poi!
Ancora, mi è tornato tutto in mente: E. e il suo dolore, la sua candida paura di non riuscire a farcela più;
le altre storie sentite al volo, di amiche e non;
la mia, per il cui esito sono serena, perché se fosse andata diversamente sarebbe stato un casino per me, per P., e non ci sarebbe stata la terapia con Zap, e non avrei avuto Alck.
Ho ripensato allo sconforto di CE ogni mese.
Non ho una vera conclusione da tirare, penso solo che nello stracazzo di 2018
ancora
anziché ad andare avanti, a imparare a stare meglio e a capire di più, ci si ritrova a dover soffrire l’ovvio in varie forme.
L’aborto sfortunato, quello casuale, quello augurato, sono tre facce di un poliedro gigantesco, su cui mancano empatia ed educazione.
Di tutte queste storie, quello che mi rimane, è una sonora
cascata di palle.