Questo sclero (o picco, o crisi, o down, come vi pare) è stato diverso da tutti gli altri.
Il caso, o la fitta agenda dello Psicocoso Zap, ha voluto che proprio per ieri pomeriggio avessi un appuntamento fissato da tempo.
“Allora? È un po’ che non ci vediamo!” ha fatto lui, con il suo modo da psicocoso (che apprezzo: è gradevolmente impostato).
“Come sono andate le ultime settimane?”
“Mah, niente di rimarchevole fino a qualche giorno fa: sono rimasta a letto – e intendo praticamente immobile – per circa 48 ore, finché – avendo finito le scatolette che avevo in casa da almeno 20 ore – sono uscita a comprare da mangiare.
Poi ho letto un messaggio su Facebook, di una signora che mi avvisava di aver rinvenuto il mio portafoglio sul bus che mi aveva riportata a casa martedì sera, e di averlo consegnato all’autista. Io non me n’ero resa conto.
Quindi sono andata in stazione la mattina successiva, un paio d’ore dopo rispetto a quando avrei voluto perché ero talmente rallentata che neanche la strategia delle sveglie ogni dieci minuti è bastata a darmi un ritmo umano, e ho iniziato a chiedere a destra e manca. Solo che – a differenza dei soliti strippi – uscire di casa non mi ha switchata automaticamente in modalità “socialmente accettabile“, quindi mi sono praticamente sciolta in lacrime con ogni autista intercettato.
Uno, particolarmente lapidario sulle prime, dopo avermi finalmente fornito qualche informazione e rimandata a un altro che forse sapeva qualcosa di più, mi ha rincorsa per regalarmi il blocco completo degli orari di tutte le linee, come scusandosi dell’atteggiamento iniziale. Nemmeno ricordo se l’ho ringraziato.
Nel frattempo ero al telefono con Alck, decisamente spaesato. Non è mai una buona idea parlare al telefono con me quando sono così. Poco dopo mi ha chiamata Amico Storico, e ho fatto un altro zigalino davanti ai bus, che tanto le stazioni sono da sempre ricettacolo di strana umanità e ormai formalizzarsi serviva a niente.
Alla fine, sono venuta qui”.
“Oh, ok…”
Zap e io ci siamo guardati per un po’.
Immagino debba aver pensato – correttamente – che non fossi in grado di affrontare una delle sue sedute “operative”
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