Questo è il terzo giorno di fila in cui apro gli occhi e voglio morire.
Ne ho avuti (molti) altri, in passato; penso valga un po’ per tutto, trovarli più difficili se ti sei disabituato.
Non ho intenzione di uccidermi e, anche se l’avessi, sono troppo disorganizzata per riuscirci, quindi il problema non è questo. Il problema è che si tratta di una delle sensazioni più orribili da provare.
Ieri era il mio compleanno e io lo odio: come tutti i bipolari del mondo, le ricorrenze sono motivo di tremendi sbalzi. Per chi a ogni compleanno, si è sentita ripetere quanto non avrebbe dovuto venire al mondo, ma con il sorriso!, è la più brutta.
Nel mio caso, per essere onesta, se la gioca col Natale.
Nel mio caso, a dirla tutta, l’esistenza di mia madre peggiora drasticamente l’intera dinamica.
Se ne esce un paio di giorni prima dopo mesi di silenzio (tipicamente si fa viva per Natale e per il mio compleanno da quando avevo 16 anni, epoca in cui la casa base si sciolse e le donne rimaste in famiglia presero strade diverse) con messaggi e telefonate, a me viene da vomitare, è capitato che mi forzassi a incontrarla, segue crisi di rabbia in solitaria etc.
Con il compleanno è peggio perché tutti ti dicono “Auguri” o fanno battute scarse sugli anni che passano e sull’essere zitella e tu vorresti solo seppellirti e non esistere più. Come doveva essere.
A nessuno va bene che tu ti senta una merda il giorno del tuo compleanno: è una colpa. Sei talmente noiosa e piena di gnole, da non essere contenta nemmeno il giorno del tuo compleanno.
Come se a me divertisse rimanerne oltre 30 ore quasi immobile a piangere, senza mangiare.
Lo scrivo per ricordarmi che è assurdo e che non mi devo più mettere in una situazione del genere: sola, quando so che arriva un down.
È che non saprei a chi chiedere, di stare con me quando sto male. Non mi piace infastidire gli amici e sono comunque pochi quelli che mi hanno vista in sclero serio. Vero che diventa esponenzialmente più piccolo, quando non sono sola… non lo so.
L’anno scorso avevo programmato un impegno con una vecchia amica e aveva funzionato: ero stata bene.
Quest’anno non avevo programmato nulla perché in teoria avrei dovuto passare la giornata con Alck, il moroso recente. Pessima idea.
Alck è una cara persona, ma anche no. Nel senso: è gentile, disponibile etc, però non mi capisce neanche da lontano.
E da un lato è un vantaggio: puoi allegramente unirti a lui, nel fingere che le bombe a orologeria nel tuo cervello non esistono. Poi, quando esplodono, cazzi tuoi.
Secondo Alck, io e lui stiamo insieme da tipo due settimane dopo la nostra prima uscita. Secondo me no.
Per lui, stare con qualcuno significa mettere regole da quel momento in poi; per me si tratta di più di uno stato delle cose: ci conosciamo abbastanza, sappiamo come trattarci a vicenda, ci vogliamo abbastanza bene, ne consegue che stiamo stando insieme. Di lì il resto.
Invece devo conoscere suoi amici. Di recente si è lamentato perché non ho parlato molto con un suo amico molto gentile che è arrivato, ha fatto un monologo di venti minuti, ha scambiato con Alck opinioni su calcio, elettrodomestici e musica leggera italiana – a quel punto mi sentivo fuori gender – e poi mi ha puntato gli occhioni addosso chiedendomi: “parlami di te”.
Ora, io non so come siano abituati loro, ma due persone che conosco relativamente poco, piazzate sul lato del divano ortogonale al mio, che mi fissano e vogliono sentirsi rispondere non so che cosa, è uno dei pochi sistemi per essere certi di farmi tacere. Tra l’altro, al momento la mia vita mi fa veramente schifo, quindi non mi avrebbe esaltato come topic nemmeno fossi stata fan dell’allegro interrogatorio.
Vabé, è inutile che mi lamenti di Alck.
La vera-verità è che abbiamo fatto le cose male, troppo in fretta, e che io mi sento sola nonostante – in teoria – dovrebbe esserci lui, almeno ogni tanto.
Sono davvero a basso-consumo quando frequento qualcuno: non chiedo mai niente, non ho particolari fissazioni, mi va bene più o meno fare qualunque cosa,
però è vero: mi aspetto che se ti importa di me e vedi che sto male, tu almeno provi a tirarmi fuori. Non è necessario riuscirci.
È stato per due messaggi con un’amica al secondo aborto spontaneo, che mi sono alzata e sono andata a comprare da mangiare.
Chiaramente, queste sono riflessioni a oggi, che sto meglio.
“Ehi, come va oggi?”
“Alla grande! Ho pensato che starei meglio morta solo un paio d’ore, contro le venti di ieri!”
Oggi piangerò moltissimo (sto già piangendo moltissimo) e senza motivo. Il terzo giorno è sempre difficile, che tu voglia smettere di fumare, lasciare qualcuno o avere un tracollo nervoso.
La mia testa è vuota e non sento niente di niente: non sono triste né abbattuta, i miei sentimenti sono svuotati. Qualcosa da qualche parte, dentro di me piange ma posso lasciarlo fare finché non si sarà stufato. Ignoro chi stia piangendo e per cosa. O per chi.