Io però devo smetterla di fare la merda.
Indipendentemente dai cazzi miei, perché ognuno ha i suoi.
Però quando non mangio, divento indisponente.
E poi, quando ho rogne dalle quali non posso scappare – e sono anni che ci provo – mi arrabbio.
Se mi fanno sentire imbecille, divento triste.
E odio le farfalle cazzo, sono disgustose con quella cosa che fanno di sciogliere il contenuto della preda e risucchiarselo come un brick all’albicocca che è anche un gusto che sa di vomito.
Non capisco come facciano gli altri, a stare a galla.
Io vorrei piangere, battere i piedi e incazzarmi poi magicamente essere felice ma non funzionava nemmeno da bambina e perchéccazzo mi ostini a fare così davvero non lo so.
Nei libri che ho amato alla fine – dicevano – va tutto bene;
le persone che ho amato dicevano che sarebbe andata bene ma non sono rimaste per verificare.
Io sono molto, molto stanca.
E non me ne faccio un cazzo di niente di parlare, odio quando mi si chiede di parlare perché non serve, al massimo scrivo e sto meglio, corro e sputo polmoni e catrame e non penso, cucino brucio e infiammo e mi distraggo, ma parlare a che serve?
Il bello di avere qualcuno di fianco – amici, passatempi, sconosciuti – è il sollievo: senti loro e non pensi a te. Mi fa sempre ridere essere ringraziata per aver ascoltato: è una cosa che faccio per me, ma se lo dico nessuno mi crede.
Sperimento sì, a volte sperimento quello che gli altri suggeriscono a panacea di tutti i mali.
L’alcool l’ho provato, abusato, stuprato e coltivato per anni, inutile – manco dannoso – inutile e triste. Oddio, a volte fa ridere, ma solo se si è a cuor leggero, i cuori gonfi tocciati nel gin prendono quell’aspetto patetico che hanno le spugne vecchie abbandonate nei lavelli sporchi.
Scopare a caso bellammerda. Insulsa attività sportiva a battiti moderatamente accelerati, peggio penso ci sia solo il golf, che comecazzo si fa a chiamarlo “sport”.
Aprirsi e parlare che idiozia. Ma perché mai dovrei parlare di quello che voglio tenere lontano dagli occhi per più tempo possibile?
“Per elaborare”.
Ma elaborare sto cazzo.
Si elabora qualcosa di passato, un trauma arretrato, non si elabora una condanna che nemmeno sai se e quando ti sarà dato finire di scontare.
Io non voglio opinioni altrui, le persone che non ci sono passate non capiscono come sia, non ne hanno la minima idea e pensano che sminuire il buco più grande che tu hai dentro sia geniale! “Eh adesso le spiego che non è brutta come sembra”, tipo.
Ma
andate
a
cagare
“Dai magari non è così grave, magari si può fare qualcosa”
Grazie di pensare che in una famiglia intera siamo così ritardati da non esserci saltati fuori in trent’anni.
Io nemmeno c’ero quand’è iniziata, io sono nata come uno dei problemi il cui elenco già era lungo prima e non ha mai finito di crescere.
Ho smesso io di crescere, perché non sapevo più dove andare, ma questo è un altro discorso.
Poi non mi interessa che altri sappiano o non sappiano, mi interessa che mi si lasci in pace e basta, quella che posso avere se non la ottengo me ne vado.
Non mi piace parlare di queste cose, io scrivo, chi vuole legga, chi no sticazzi.
Però sbaglio, perché ascolto gli altri e sbaglio perché faccio di testa mia. Sbaglio a prescindere, non importa.
Ho provato a raccontare, l’ho fatto con Re, povero.
Meglio sconosciuti che poi si perdono facile piuttosto che amici, per esperimenti nei quali hai scarsa fiducia.
Ho smesso molto tempo fa di credere stupidamente che un innamoramento fosse di sostegno nelle cose brutte: significa farcelo entrare in quellammerda, dare fiducia, appoggiarsi e poi cadere male quando se ne va.
Già
dato.
Mai più.
Quindi a P non ho detto quasi nulla, oltretutto sapevo che – per quanto abbia amato tante cose di lui – non sarebbe stato in grado di capire: troppo egocentrico, troppo piccolo.
Lasciatemi senza bere, toglietemi le sigarette se proprio volete irritarmi ma se ho una dipendenza vera è quella per le persone che incrocio nella vita in brevi momenti. Il loro arrivo crea una dimensione nuova che è come l’aria in queste sere di primavera: sa di fresco e aperto senza fare freddo, fa venire voglia di toccare la pelle degli altri anche a me, che per tanto tempo ho odiato il contatto.
Poi finisce, ma si ha l’impressione di rifiatare anche se non è mai vero e non fa altro che distrarre e distogliere, in bene e in male. Soprattutto in male, “ovvio”, come direbbe P.
Quindi ho un po’ parlato con Re che è tanto caro, ma oggi son strippata e l’ho trattato di merda.
Se a qualcuno piace avere un interlocutore amabile e sollecito che ti chiede come vanno le rogne, io non appartengo alla categoria, chiedo venia ai consiglieri ma – come spesso accade – i suggerimenti di chi sa senza capire servono meno di una bestemmia. Però apprezzo la gentilezza, anche se non sembra.
Re è una bella persona con cui parlare, sicuro troverà un sacco di gente che avrà voglia di dirgli tutto.
Io da lui volevo solo distrazione, esattamente quello che non credo sappia fare nemmeno per sé, esattamente quello di cui – gli dicono – ha bisogno anche lui e che – credo – cercasse da me.
Per un breve momento avevo pensato che questa sorta di mutuo soccorso potesse funzionare ma è solo nelle commedie brutte che tutto si incastra senza pieghe e io nemmeno so stirare.
Quindi Re è diventato una fatica.
A lui se mandi un messaggio con scritto “sai che un po’ mi spiace non vederti oggi” si preoccupa da matti, pensa che significhi chissà cosa e gli vengono le ansie.
No baby, al massimo voleva dire che ero stremata e che tu mi parevi aria fresca in quel momento ma al di là di quanto non potevi indovinare, era solo un modo per dire che mi andava di vederti.
Stop.
È che non avevo voglia di dovermi fermare a spiegare tutto, non mi andava di parlare a vuoto di cose che – chi ancora non le sa può ascoltare finché vuole – si imparano solo facendo.
Avevo solo voglia di un abbraccio leggero, non pesante e fraterno che è carico di affetto che quasi mi opprime e di una compassione che mi irrita anche un po’.
Avevo voglia di un abbraccio occasionale, che non volesse dire nulla.
Per me è così semplice: la mia rogna peggiore è in parte scavata dentro e in parte mina vagante nella mia vita ma so chi è, che faccia ha, forse per alcuni la paura sono gli altri o qualcosa del genere.
Forse qualcuno rischia davvero che gli altri lo feriscano ma è un’altra cosa difficile con cui solidarizzare: a me va benissimo essere ferita, è solo un modo più stupido per distrarsi ma non fa paura.
Forse qualcuno ha davvero paura di ferire gli altri, non saprei: quando sono io a farlo difficilmente me ne accorgo.
Forse non lo so e basta.
Quindi ho trattato male Re, dicevo.
Lui il gioco della leggerezza non lo sa fare, sul serio: non ho capito esattamente cosa volesse da me.
Io volevo vuotare la mia testa riempiendola di sciocchezze altrui – c’è chi prende in prestito i libri, io a volte preferisco i pensieri – o anche di pesantezze altrui, baciando a caso, guardando come cambia l’espressione di uno semi-sconosciuto al variare dei momenti perché è come un dialetto nuovo e mai sentito.
Il suo ha un suono molto dolce.
Ma l’ho trattato male perché sono stata scorbutica e antipatica e femmina nella peggiore accezione possibile, perché vengo da P e i “non capisco” ormai mi sembrano una gigantesca presa per il culo anche quando so che non è vero, perché non ci vedevo niente di drammatico nel dire a qualcuno che mi andava di vederlo, perché la giornata di domani sarà orribile e volevo solo un po’ d’aria, una dose d’aria e sono stata stupida a prendermela con lui per un mio capriccio.
Non so, sono solo stanca di sentirmi annegare e sarebbe stato bello – solo per finta – credere due minuti di poter respirare.
Questo non giustifica essere stata una cagacazzo, vado scusarmi e a scomparire.