5 – Come un cielo stellato

Sembra ieri invece sono scappati otto anni, cinque dei quali mi avrebbero vista annegare, senza una boa ovale a cui attaccarmi, che giocassi o meno, mentre gli ultimi tre hanno scandito un’attesa da spettatrice, di cui non avrei mai augurato a nessuno l’essere protagonista.

Ogni tassello di quel periodo è avvolto da un senso di gratitudine forse sproporzionato ma sincero, per quanto marginale potesse essere rispetto alla situazione generale. Io e Faggio originale non avremmo avuto granché in comune, se fossi stata ribattezzata diversamente. Invece, ogni volta che ci trovavamo contemporaneamente nello stesso spazio fisico, a forza di battute e sciocchezze, si era diventati un binomio istituzionalizzato e, anche nel periodo in cui lui aveva giocato altrove, l’uscita classica consisteva in: “Ehi ciao Faggio! … ma Faggio Uomo, come sta?”

I siparietti che ci cucivano attorno, i battibecchi sul furto del nome e un paio di serate in cui l’alcol e le cazzate l’avevano fatta da padroni non erano bastati a farci amici, ma buoni compari.

Per una che non ha mai amato il contatto fisico, finire per caso in un universo sportivo in cui la pelle è coinvolta quanto i muscoli e la testa, ha reso l’esperienza totalizzante. Persino i miei amici al di fuori se ne sentivano coinvolti e avevano passato con giocatori e giocatrici diverse nottate in giro per bar.

Così, quando stavo preparando un esame abbastanza breve da essere superato nonostante le mie ridotte capacità mnemoniche, un amico – già specializzando del reparto corrispondente – mi mostrò sconvolto un reperto insindacabile.

L’esame che stavo preparando era Diagnostica per Immagini, al secolo “Radiologia“, e quello che avevo davanti agli occhi, se avesse rappresentato qualunque altra cosa, sarebbe apparso come una riproduzione di parte del cosmo.

Fin da bambina le immagini dallo spazio mi rapivano e incantavano, mi facevano sentire minuscola e importante: nonostante le ridotte dimensioni umane, era incredibile che potessi vederle; più tardi, avevo osservato a bocca aperta i poetici accostamenti che riviste divulgative mostravano, tra cervello umano e galassie lontane.

Tutte cose cadutemi in mente come da una rampa di scale, guardando un cielo stellato che altro non era se non una tac cerebraledi un giovane uomo di 33 anni

e mentre ne scrivo, mi avvio al funerale.

[…]

Sulla partita di ieri

Scusate c’ho un momento rugby, visto che non posso più giocare da qualche parte devo anche strippare.

(VOGLIOGIOCAREVOGLIOGIOCAREVOGLIOGIOCAREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE)

Partita divertente
giocatori – manzi, molti – carichi duri
Francia stupita – Francia merda sempre – (scusa Koris) sfiancata e poco compatta nonché contagiata dalla fagiolara nostrana tanto che a ‘na certa pareva di guardare Italia-Italia

Castrogiovanni tanto tenero e orsacchiottoso, adesso basta farlo giocare nelle partite serie però che c’ho più fiato io
Parisse gran manzo, si bisticcerà per ere sul suo drop ma se Haimona non fosse stato a farsi un giro e c’avesse pensato lui..

il rugby è uno sport di occasioni da prendere, non da aspettare.

Arbitraggio gniro-gnaro, soprattutto gnaro.
Bravi Italia, se partono così contro l’Inghilterra c’è anche caso che la partita non finisca con il fare completamente schifo!

Francia-Italia 23 a 21
L’italiano Marco Fuse (FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)

Adesso però, ho voglia di birra

 

Il posto più bello

–  Casa è dove appendi il cappello
–  O dove c’è la tua famiglia

O dove perdi il conto del tempo
dove – chiunque sia l’ultima a entrare – chiuda la porta e posi la chiave.

Casa è strillare fortissimo in corridoio perché se non hai esaurito tutto prima di entrare, puoi comunque finire con calma
magari hai esaurito tutto e urli perché sei contenta.

Magari urli e basta.

Casa è dove arrivi con un peso sul cuore e c’è un posto per lasciarlo qualche ora e prendere respiro
dove agli altri non importa troppo né troppo poco
e nessuno ti chiede più di quanto tu possa dare.

Erba tra i capelli
graffi sulle gambe
scontrarsi e andare a terra fino a non avere nella testa spazio libero da usare
nessuna cosa a cui pensare.

cus

Giuro: avevo il terrore, di non riuscire a tornare.