Una cosa che anni fa sbagliavo anche io

In amore, o in qualunque altra cosa dato che io e Alck un ti amo non ce lo siamo mai detto (mi rendo conto ora che non lo scrivevo da anni, letteralmente anni) le ricevute contano poco.

Qualche sera fa è venuto qui.

Oltre ad avere alcune cose da portarmi e dopo le chiacchiere di rito, gli ho proposto di andare a bere una birra. Cazzo ne so: stavamo parlando del più e del meno.

Mi dice no, che voleva parlare di noi. Madonna, ancora. Che palle, è stata la mia risposta. E me l’ha menata con il solito discorso. Ancora.

Nell’incespicante arringa – che voglio dire: alla settantesima volta in cui dici le stesse cose, almeno sbrigati – ha continuato con la storia del “perché avevamo detto di aspettare questo periodo” (come se non avessi aspettato anni, letteralmente, e questo periodo misura circa 4 mesi) e altre sciocchezze che non ho nemmeno voglia di ricapitolare. Tipo “Non sono state 8 settimane di merda, solo 6” (numeri a caso). Ah perfetto: allora aspetta un secondo che cancello tutta la frustrazione accumulata, le decine di mattine iniziate piangendo, i momenti di ricorrente solitudine e il disprezzo verso me stessa collezionato ogni volta che scagavi malamente ogni mio bisogno. Devo sottrarre due settimane!

Ho riso di cuore, non sono neanche più arrabbiata.

Il succo della mia risposta, ed è questa la cosa che anni fa sbagliavo clamorosamente anche io, consiste nel riconoscere che non conta una sega il calcolo del malessere, la sopportazione imposta e l’irrilevante detraibile: io stavo malissimo. Per me conta solo questo.

E gliel’avevo detto decine di volte: tranquillamente, scherzando, arrabbiandomi. Lui ha sempre detto che capiva, che avevo ragione (quasi sempre), poi non ha mai cambiato un cazzo.

Ora, Alck ha alcune doti preziosissime e indiscutibili: è onesto ai limiti del ridicolo, è affidabile, sincero, intelligente, divertente

ma pensa solo ed esclusivamente a sé. È imprigionato nella sua testa.

Sia il lockdown trascorso insieme che i mesi quasi immediatamente successivi, passati separati (per logistiche di trasloco, sua madre si è trasferita da lui e io contestualmente ho iniziato a non poterne più, quindi siamo stati settimane e settimane vedendoci giusto una volta ogni tanto) hanno incontestabilmente spazzato via i pochi spaccati in cui toccavo con mano lo stare bene insieme.

Ma non basta divertirsi a fare due chiacchiere e condividere visione politica (comunque per me fondamentale) e trovare dall’apprezzabile in su il sesso (non è la persona con cui ho avuto più intesa in assoluto), per rimanere insieme per sempre. Altrimenti sarei insieme per sempre con qualcun altro da ben più tempo.

Lo ha detto metalupo nei commenti a qualche post fa: la vita di coppia ha bisogno di piccole gratificazioni quotidiane.

Io gliel’ho rispiegato ancora. Gli ho anche spiegato che non andrò da nessuna parte, almeno finché avrò finito di scrivere (intendo proprio mettere il naso fuori di casa) e che è tutto in mano sua: se vuole riottenermi, provare sta solo a lui. Lui ha annuito, chissà se ha capito.

Diciamo che presentarsi gnolando e pensare di usare come leva un qualche senso di colpa che potrei avere (non ce l’ho) perché so che questo periodo (tutti i periodi) è così, non è la mossa più brillante.

Come non lo è chiedermi indietro un libro che abbia detto potevo tenere (sua madre, sistemando negli scatoloni una collana de Il Corriere ha notato che ne mancava uno, quindi gli ha detto di chiedermelo indietro samai volesse leggerlo. Lolita. Certo, me la vedo).

Insomma, io non la vedo granché possibile. Comunque le mie ultime parole sono state:

fai quello che vuoi, l’importante è che tu vada in terapia appena potrai e che lo faccia per te, Zack ti cambierà la vita. Io le mie condizioni te le ho dette e non le cambierò di un punto. Ho cercato di adattarmi a te per anni, adesso basta. Vedi tu cosa preferisci. Ti voglio bene, non mi fa piacere che tu stia male, ogni tanto mi manchi ma non intendo fingere di non stare meglio adesso. Se vuoi ci rivediamo tra una decina di giorni.

Vedremo.

Dialoghi

“Ciao Turbo

“Ciao Tazza, come stai?”

“Bene, tu?”

“Bene dai… solo che stasera ho mangiato troppo e adesso mi sento un po’ così… troppa mozzarella”

“Ma non eri vegano?” 😂

“Siiii siiii, ma se avanza qualcosa della pizza di mia madre, che la ordina tirata ma non riesce mai a finirla…” 😏

“Ci sta ci sta, alla fine è più vegano non buttare cibo, che rifiutarsi di finirlo perché c’è della mozzarella” 🤔

“Infatti infatti. Solo che da quando è così raro che ne mangi, il formaggio mi gonfia… Non mi fa sentire benissimo mi sa” 😕

“È normale sai: quando smetti di mangiare determinati alimenti per lungo tempo, poi il tuo corpo smette di produrre gli enzimi per digerire quella roba lì. Per quello poi capita di sentirsi gonfi” 🤓

“Ah sì? Ma quanto ci vuole per smettere di digerirli bene?” 😕

“È una regolazione a medio termine… nell’ordine di settimane. Poi assunzioni molto ridotte a cadenza regolare, possono ripristinare le capacità digestive” 👍🏻

“Ah sì?!” 😯

“Sisi” 😌

“Chissà come starò allora, la prossima volta che mi capiterà di leccare una figa”.

😂😂😂

Consigli non richiesti

Io nelle questioni relazionali faccio schifo.
Ma schifo-schifo.
Schifo hardcore.

Proprio per questo ho collezionato una serie di lamentele, recriminazioni, osservazioni, commenti (alle volte pure lusinghieri, tipo:
“Come fai a essere così stronza?”
“Dai smettila, così mi fai arrossire”)
da permettermi di identificare in buona parte quelli che sono i problemi ricorrenti.
Almeno, di alcuni.
Facciamo di parecchi: io non sarò un genio, ma gli esseri umani sono mooolto meno originali di quanto amino credere.

Svilupperò quindi, nei paragrafi a seguire, pratiche linee guida ad agevole uso e consumo di nessuno perché alla fine ognuno fa il cazzo che gli pare ed è anche giusto così altrimenti i blog di lamentele cosa li apriremmo a fare:

1- Mai svalutarsi: questa cosa non posso smettere di ripeterla.
Bisogna piantarla di autocommiserarsi e considerarsi uno scarto umano: come ci vediamo noi è – nella maggior parte dei casi – come ci proponiamo al resto del mondo.
Se si fa credere agli altri di valere due spiccioli, nella migliore delle ipotesi saran due spiccioli che si tireranno su, nella peggiore si incappa in qualcuno che tirerà comunque sul prezzo.

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E chi pensa veramente di valere poco, impari almeno a fingere che non sia così.
(Funziona anche per scroccare da bere).

2- Sorridere: la vita di ognuno contiene già una quantità di tristezza e nervoso presenti di default sufficienti, dopo i sedici anni espressione truce e contegno mesto perdono completamente il già scarso fascino che potevano aver avuto fino a quel momento.
Non dico di entrare in scena quotidianamente sulle note di Mambo N.5 ma insomma, stare sereni.
(Anche questo funziona pure per scroccare da bere).

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E lavarsi sempre i denti.

3- Non tirare a indovinare: grande classico dell’inizio del disastro tra due persone.
Magari ci si vede da poco, magari non ci si conosce bene e scatta all’improvviso quel meccanismo infame per cui il piacere di approfondire la personalità dell’altro viene superato dalla maledetta mania di far congetture.
Sono
sempre
sbagliate.

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(Tratto da una storia vera)

Respirare profondamente e fare pace con il cervello, oltre che con il partner.

4- Evitare di assorbire la personalità dell’altro: se quando siete conosciuti lui ti ascoltava parlare per ore di quello che avevi letto e fatto durante la giornata e tu seguivi con la suspance riservata ai colpi di scena di Grey’s Anatomy i racconti delle sue immersioni nella piscina comunale per prendere il brevetto di sub
questo
non
significa
che
lui si debba leggere tutti i libri che hai amato o che tu debba passare serate su spalti che puzzano di cloro fotografando chiazze scure semoventi sotto il pelo dell’acqua.
A meno che la cosa non esalti sinceramente entrambi, naturalmente, ma in ogni caso è bene mantenere intatta la propria personalità, anche perché è di quella che l’altro si è preso bene.
Altrimenti non avrete più nulla da raccontarvi, uno inizierà a dare la colpa all’altro di non avere un minuto di autonomia ecc ecc ecc.

5- Dire espressamente quello che si intende dire: così si rischia anche meno di incappare nella problematica del p.to 3

6- Niente ripicche: quando qualcuno fa girare le palle una ripicca non è mai pedagogica, da solo il via a un’altra risposta, generalmente ostile.
Alcuni quadri possibili dopo una ripicca:

– Perché hai fatto così?
– Perché tu prima hai fatto colà
– E non potevi dirmelo?
– Tanto non avresti capito

Se pensate che l’altro sia un ritardato, cambiate partner.

– *dispetto di ripicca*
– *altro dispetto di ripicca*
etc
– sei una merda
– no tu sei una merda

Se pensate che l’altro sia una merda, cambiate partner.

– *ripicca*
– *silenzio*

– ciao, come va
– bene
– ci vediamo?
– no

Se vi aspettate che i dialoghi anoressici post-ripicca terminino perché l’altro potrebbe aver imparato magicamente a leggervi nel pensiero, tornate al p.to 5 o cambiate partner.

7- Non mentire/omettere: tanto salta fuori.
E anche non saltasse fuori, cazzo c’è di bello ad avere a che fare con qualcuno senza potergli dire la verità?

Se uscite con qualcuno con cui non vi sentite tranquilli a parlare forse è meglio tornare a rimpinzarsi di schifezze davanti alla tv o ad ubriacarsi con gli amici.
(Nota personale: spenderei meno a comprarmi una tv)

(continua…)

A tutte le single sofferenti

Io sola son stata quei famosi sette anni.
Ero piccola: poco meno di 22 anni e uscivo da una storia di cinque anni e mezzo.
Avevo in sostanza, passato un quarto della mia vita con la presenza costante di M e abituarsi a stare sola è stato un trauma, anche perché ero zero indipendente in termini personali, poi avevo rogne di salute strambe, una famiglia imponente da sopportare e una serie di cose che hanno un po’ tutti.
Ognuno ha li cazzi sua.

Quindi, in parte per questo disagio da abbandono, in parte per altre rogne, ho mandato a scatafascio di tutto: studi, vita lavorativa, amicizie, rapporti coi parenti.
Una persona di merda.
Ho anche riempito il vuoto con pessime idee, pessimi personaggi passeggeri che parevano più crisi mistiche che altro etc.

Poi, miracolosamente, ho trovato il modo per essere felice per i fatti miei.
Di recente, molto di recente, ma l’enormità del tempo che ci ho impiegato non è dovuta alla storia finita ere fa, era per altri cazzi.

Uno – in realtà molti – dei luoghi comuni sui rapporti è vero: quando sei felice, ti succedono cose più belle.
Incontri persone che sono magicamente bendisposte nei tuoi confronti rispetto a quando eri triste, sei e ti senti più apprezzata e bla bla bla.

Capita anche che incontri qualcuno con cui ti trovi bene, che ti fa ridere, ti sbatte a destra e sinistra e ti sfancula senza motivo apparente ma a te interessa poco perché il tuo stare bene non dipende più dall’avere o non avere un partner, ma da tutto il resto.

Ora, capita anche – come nel mio caso – di iniziare ad avere a che fare con qualcuno in modo da dirsi ad un certo punto che si è una coppia.

E non voglio stare a dilungarmi nell’ennesima lamentela che ormai sono agra di scrivere menate.
Sarò breve:

quando si sta bene, si sta meglio single.

Giuro.

Provate di stare bene, non avete bisogno di un lui.

Imparate a stare bene voi e sarà una figata.

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