Per rimettersi a scrivere serve una qualche forma d’amore – 6

Di che cosa sono fatti i sentimenti?
Aspettativa, emozioni, legami, vicinanza, d’accordo;
ma perché prendono forme e spingono reazioni che non sempre sappiamo prevedere o controllare?
A volte ho l’impressione che mi sia rotolato dietro a un mobile il pezzetto mancante della risposta da assemblare, e di non poterlo cercare per bene perché ignoro quali forma e colore abbia.

I miei sentimenti hanno sempre a malapena riguardato l’altra persona, mi sono resa conto negli anni;
ho una certa quantità di tumulto interno che alimenta passioni irrefrenabili, per lo più mentali.
La mente – bacata – è la mia.
Quando comincio ad annoiarmi, succedono i disastri.

Comunque, quel pomeriggio Os mi ha fatto davvero l’improvvisata promessa, e dal mio punto di vista è anche andata piuttosto male.

“Se vuoi in un’ora sono da te”
“Non posso, ho da fare”
“Bla bla bla”
“Bla bla bla”
“Comunque, in un’ora circa posso essere lì”

Era la seconda settimana di gennaio? Boh.
A me non piace moltissimo che, in nome del carpe diem, non venga considerato se io abbia già programmi, ma i programmi consistevano nell’uscire con un tizio che non m’interessava minimamente (avevo deviato l’invito molto chiaro verso una dimensione più amicale, perché odio far rimanere male le persone); (ho davvero scritto che odio far rimanere male le persone quando non riesco a evitare atteggiamenti PESSIMI verso i poveri oggetti delle mie seghe mentali? Ok: odio far rimanere male le persone che per me sono completamente irrilevanti);
ho ceduto in fretta.

Alla fine è arrivato.

Dunque.
Os è obiettivamente un gran bel ragazzo.
Dal vivo è piuttosto diverso da come appare in audio/video.
In formato digitale dà un’impressione più affilata, sia perché ha quasi sempre un’espressione corrugata che gli tira i tratti, sia perché l’uomo chiaramente si piace (e trovo la cosa divertentissima, e penso faccia bene) e conosce i suoi angoli.

Quando ho aperto la porta, mi sono trovata davanti un ragazzone timido, più cauto che insicuro, che sembrava camminasse sulle uova per l’attenzione a non fare un passo falso.

Io ero agitata.
Non che pensassi ce ne fosse bisogno, né generalmente mi presento in modo molto diverso, ma ho avuto cura di apparire al mio peggio possibile: appena uscita dalla doccia, con una tuta scompagnata, i capelli mezzi bagnati e le occhiaie in evidenza.
Non riuscivo a stare ferma, perché ho evitato di fumare nello spazio in cui abbiamo chiacchierato, dato che lui non fuma.

Abbiamo parlato.
Lui si è seduto sulla poltrona, io sul divano, e ha passato un quarto d’ora a torcersi un polso per mostrarmi foto scavalcando la distanza mentre me le raccontava;
a un certo punto l’ho fatto sedere sul divano, lungo abbastanza per mantenere la separazione che sembrava preferire.
Batteva il piede sul pavimento, tendeva a rimettere le mani in tasca, guardava per lo più la punta delle scarpe.

Io saltavo su e giù dal divano come spiritata, per un motivo o per l’altro.
Il motivo principale è che non capivo il suo comportamento e, senza un riferimento, non sapevo come regolarmi. Come la mia lunga infanzia mi ha insegnato, per adattarmi, imito. Fumare di solito mi seda, ma non lo stavo facendo.

Nonostante il disagio che scorreva nella stanza, le due ore disponibili (a seguire un impegno che non volevo disdire) sono passate in fretta. Nonostante il suo fissare verso il basso – che mi sarei spiegata solo poi – non mi sono accorta di quanto rapidamente il tempo passasse. È stato scomodo ma bello.

Alle 21.00 l’ho un po’ cacciato (glielo avevo anticipato) e non so come avesse intenzione di congedarsi, non gliene ho dato il tempo. Anche perché ero abbastanza positiva che non ci saremmo visti né sentiti, di lì in poi.

Invece, sulla strada del ritorno, Os ha ripreso a mandarmi vocali come al solito. Una cosa che mi ha fatta sentire felice, ma un po’ stranita. Non lo capivo mica.
È stato dopo che non ci siamo sentiti, almeno per un po’.

Comunque, questo post è pigro: sono di nuovo innervosita. Con me, non con lui, e non ho voglia di pensarci granché. Il mio senso di pace sta litigando con vecchi circoli viziosi, e vorrei tenermene fuori il più possibile.
Più tardi devo prendermi su e portargli in prestito il tutore per la gamba, non ho in programma di incrociarlo di persona. Glielo lascerò da qualche parte (si è fatto male, niente di tragico, ma questo viene dopo).

L’altra sera, dopo l’inizio della stesura di questo post, ho incrociato il tizio a cui avevo dato buca per Os e che non avevo più ricontattato per scelta.
Da come mi ha guardata, ci è rimasto male. Ma anche il suo abbandonare il bar un secondo dopo potrebbe essere un buon indizio. Onestamente non mi interessa nemmeno un po’. Lo rifarei.
Ci ho fatto caso solo perché mi ha irritata pensare che, per aver bevuto in precedenza un bicchiere insieme (alla fine di un aperitivo con amici comuni, di quelli in cui ti trovi per caso passando davanti al solito bar), si sentisse in diritto di guardarmi così. Come se gli avessi sottratto qualcosa.
Realizzo, mentre scrivo, che è esattamente come mi sento verso Os.
Che sfigata che sono.



4 pensieri su “Per rimettersi a scrivere serve una qualche forma d’amore – 6

  1. Alla prima domanda risponderei “chimica”, che poi significa imponderabile, ciò che sfugge alla logica, ma che comunque esiste. Per il resto, penso che la Mannoia quando cantava “dolcemente complicate” non è che ci fosse andata lontana di molto… 😅

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